Sandri Mario 1,3, Falcinelli Flavio 2, Bezzi Licia 3, Caro Grejsi 3, Marchetti Nicolò 3, Ravelli Elisa Maria 3, Tomoiaga OanaCatalina 3, Turri Marco
1 IARA, Astronomia Valli del Noce, Phoenix APS, SdR RadioAstronomia UAI, IMO
2 RadioAstroLab, IMO
3 Liceo “Bertrand Russell” Cles (TN)
Abstract
The aim of the following work is to obtain the main characteristics of some winter meteor showers (Quadrantids, Draconids, Orionids, Leonids, Geminids and Ursids), first of all the position of the maximum in different duration classes. The data used are obtained with radar techniques coming from a single observer. The years analyzed range from 2021 to 2024.
Introduzione
L’ing. Flavio Falcinelli ha costruito una stazione per il rilevamento delle meteore denominata Stazione RALmet ubicata a Senigallia (AN) [1]. L’apparato è costituito da un ricevitore appositamente costruito il cui ingresso è collegato a un’antenna dipolo rigido orizzontale (elettricamente bilanciato), orientato con l’asse di ricezione nella direzione del trasmettitore radar Graves. La distanza in linea d’aria fra trasmettitore e ricevitore è circa 725 km. Il metodo adottato per rivelare tracce meteoriche è il cosiddetto “forward scatter“ (diffusione in avanti), esso consiste nell’usare un segnale del trasmettitore la cui frequenza e distanza siano selezionate in modo che il trasmettitore illumini l’orizzonte sopra il ricevitore, ma al ricevitore non arrivi nessun segnale (o comunque di entità irrilevante) tramite riflessione ionosferica, percorso di terra o per via diretta. In pratica se la geometria del sistema è ideale, una parte del segnale subirà uno scattering in avanti verso il ricevitore, solo quando una traccia meteorica (o un oggetto qualsiasi) comparirà nella zona di cielo illuminata dal trasmettitore, ecco che allora nel ricevitore si udirà il segnale del trasmettitore, in questo modo le meteore possono essere contate [2][3][4][5][6][7].
La stazione trasmittente è il radar Graves (Grand Réseau Adapté à la Veille Spatiale) nei pressi di Dijon [8]. Questo radar, attivo dal 2003, viene gestito dall’aereonautico militare francese per mappare e catalogare gli oggetti che orbitano nello spazio intorno al nostro pianeta. Graves è stato progettato per rilevare oggetti di dimensioni superiori ai dieci centimetri e ad oggi ha mappato più di 12000 fra satelliti e detriti spaziali che orbitano attorno al nostro pianeta. Il radar trasmette sulla frequenza di 143.050 MHz con una potenza dell’ordine di centinaia di kW. La potenza esatta non è conosciuta in quanto è coperta da segreto militare. Graves trasmette un segnale continuo utilizzando quattro antenne direttive che puntano il segnale verso lo spazio.
Il programma di acquisizione e di controllo della stazione è stato installato su un PC portatile dedicato esclusivamente alla ricezione e alla registrazione automatica dei radio-echi meteorici catturati attraverso i canali stereo della scheda audio connessa alle uscite in quadratura I & Q del ricevitore. Il programma SpectrumLab esegue due sessioni di misura: la prima dedicata all’acquisizione degli eventi meteorici, la seconda dedicata alla misura del rumore elettromagnetico all’interno della banda di ricezione. Il sistema è impostato per la ricezione SDR in banda-base con due canali in quadratura I & Q e con cancellazione della frequenza immagine, registra gli spettrogrammi ad intervalli di circa 3 minuti e cattura gli impulsi radio, all’interno di una specificata banda di misura, che eccedono una data soglia mobile collegata al valore medio del rumore di fondo. Sono scartati tutti i segnali persistenti con durata superiore a 5 minuti, considerati disturbi. L’algoritmo di rivelazione dei radio-echi registra i seguenti dati nel file di testo giornaliero Dati_RALmet_dd_mm_yyy (dove dd è il giorno, mm il mese e yyyy l’anno corrente):
- Orario UTC;
- Intensità del segnale radio rispetto al valore medio del rumore di fondo [dBm];
- Livello della baseline [dBm];
- Frequenza associata al massimo del picco [Hz];
- Durata dell’evento [s].
La stazione registra dati continuamente, 24 ore al giorno.
Gli spettrogrammi sono necessari per documentare gli eventi ricevuti e per selezionare gli impulsi associati ai radio-echi meteorici rispetto ai disturbi e alle interferenze presenti in banda. Analizzando ogni giorno gli spettrogrammi catturati, si eliminano dal file Dati_RALmet_dd_mm_yyy gli eventi considerati come disturbi (scariche atmosferiche e anomalie elettromagnetiche a largo spettro, tracce che documentano transiti di aeromobili e di satelliti artificiali, segnali di chiara origine artificiale e segnali interferenti, etc…).
Lo scopo del presente lavoro è quello di studiare l’attività dei principali sciami nel periodo ottobre-gennaio determinandone le caratteristiche principali dall’anno 2021 al 2024.
Preanalisi dei dati
Viene poi fatta un’analisi preliminare dei dati ricevuti nel dominio della frequenza: selezione dei segnali interferenti. Per distinguere i radio-echi generati dagli eventi meteorici dalle interferenze a largo spettro è necessario verificare che la frequenza corrispondente al picco del segnale ricevuto non sia troppo lontana dalla frequenza centrale del trasmettitore. La distribuzione delle frequenze dei radio-echi è concentrata attorno al valore (traslato in banda-base) corrispondente alla frequenza del trasmettitore radar Graves [1]. I disturbi naturali e artificiali, frequentemente presenti in banda VHF, introducono errori nel conteggio dei radio-echi meteorici. Confidando sulle ottime caratteristiche selettività del ricevitore, si ottimizza la banda di ricezione di SpectrumLab in modo da eliminare i segnali con una frequenza regolare nel tempo (di evidente origine artificiale) e a largo spettro (disturbi elettromagnetici naturali come le scariche atmosferiche e gli effetti della ionizzazione anomala da E-sporadico) [1]. Inoltre, è molto probabile che una sequenza di impulsi radio molto vicini, visti come distinti dalla stazione ricevente (fenomeni di fading, fluttuazioni della traccia ionizzata dovuta ai venti dell’atmosfera superiore o per effetto della scansione spaziale operata dal trasmettitore Graves), siano in realtà parti dello stesso evento [1]. Sono quindi considerati appartenenti alla stessa radio-meteora tutti i radio-impulsi che distano fra loro meno di 5 secondi.
- L’evento finale è ricostruito utilizzando le seguenti approssimazioni:
- L’intensità risultante di più eventi consecutivi vicini è pari alla media fra le rispettive intensità.
- La baseline risultante è pari alla media delle rispettive baseline.
- La frequenza risultante è pari alla media delle rispettive frequenze.
La durata complessiva della radio-meteora è pari alla distanza temporale fra l’ultimo evento e il primo, sommata alla durata dell’ultimo evento. Per distanza temporale fra due eventi si intende la differenza fra i rispettivi istanti di inizio (istante di cattura).
Dati non processati
La prima fase è stata quella di analizzare il periodo ottobre-gennaio per i diversi anni di indagine. Sono state create varie visualizzazioni al fine di rendere più evidente la zona di interesse per ogni sciame meteorico. Successivamente sono stati analizzati solo i periodi di attività dello sciame considerato.
Procedura di analisi dei dati
La procedura di analisi dei dati non è standardizzata. Per tale motivo si è cercato di uniformare tale metodo con quelli usualmente adottati in altri ambiti. Innanzitutto, è stato selezionato un periodo di attività dello sciame. La prima operazione effettuata è stata quella di ottenere il tasso orario HR (hourly rate) andando a sommare tutti gli eventi registrati per ogni ora. Per fare questa operazione è stato necessario realizzare un software scritto nel linguaggio Phython in grado di svolgere tale operazione in maniera semplice e veloce. Successivamente è stato selezionato il periodo incentrato sul massimo teorico dello sciame. I dati così ottenuti, tuttavia, non possono ancora essere manipolati in quanto è necessario effettuare ancora due fondamentali operazioni al fine di eliminare gli errori di contaminazione: la sottrazione dell’attività meteorica sporadica (background sporadico) e l’eliminazione dei dati in cui il radiante si trova sotto l’orizzonte [2][3][4][5][6][7].
Uno sciame meteorico è caratterizzato dal fatto che le meteore ad esso associate sembrano provenire da una medesima zona del cielo detta radiante. Tuttavia, è presente un’attività di fondo caratterizzata da meteore sporadiche, le quali non presentano un radiante ben definito. Per eliminare la contaminazione di questi ultimi oggetti, in fase di analisi è opportuno sottrarre il contributo del fondo dall’attività dello sciame esaminato. La sottrazione del background è complicata ulteriormente dal fatto che l’attività sporadica non è costante nel tempo, in quanto presenta variazioni sia a breve periodo (variazione diurna) sia a lungo periodo (variazioni stagionali). Per minimizzare gli errori causati dalla presenza del fondo sporadico si è andati a mediare i flussi sporadici in alcuni giorni in cui non vi era l’attività dello sciame, con l’accorgimento tuttavia di non selezionare giorni troppo lontani dal periodo di attività dello sciame considerato. Questa scelta è stata fatta per minimizzare eventuali fluttuazioni stagionali del background sporadico. Inoltre, il fondo è stato campionato ad intervalli orari e sottratto nelle ore in cui veniva investigato lo sciame per ridurre al minimo gli effetti dovuti alla variazione diurna [2][3][4][5][6][7].
L’attività meteorica di uno sciame può essere rilevata unicamente se il suo radiante si trova sopra l’orizzonte dell’osservatore. Per tale ragione è stato indispensabile valutare quando il radiante dello sciame meteorico fosse visibile [2][3][4][5][6][7]. Questa procedura sembrerebbe andare a discapito di una completa analisi dell’attività dello sciame in tutte le sue fasi giornaliere in quanto lo sciame potrebbe esibire peculiarità quando il suo radiante non è osservabile. Tuttavia, è un’operazione indispensabile per dedurre le caratteristiche dello sciame osservate dallo strumento. Come funzione di osservabilità del radiante O(t) è stata utilizzata la seguente formula:
O(t)=1/sin(2hr)
dove hr rappresenta l’altezza del radiante. Dal profilo così ottenuto è stato ricavato il parametro ricercato in questa analisi: la longitudine del massimo con relativo errore. Per ottenere la latitudine solare in corrispondenza di una certa data e un certo orario, espresso in Tempo Universale, si è utilizzata la seguente formula [9]:
Per i valori tabulati della longitudine solare sono stati utilizzati i dati dell’IMO.
Il programma realizzato permette di andare a selezionare i dati che presentano una durata superiore ad un limite stabilito. Questa operazione è molto importante in quanto la vera attività di sciame è definita dalle meteore di durata maggiore. Si è dunque andati a variare la durata degli echi andando ad analizzare in particolare la zona del massimo dello sciame ricavata dalla prima analisi. La tecnica usata e le procedure seguite sono state le stesse. Le classi di durata utilizzate sono state echi di durata maggiore di 0.0 s (tutte le meteore), di 0.2 s, di 0.5 s (meteore iperdense [1]) e di 1.0 s. Per ognuna di esse è stata eseguita la procedura sopra esposta.
Quadrantidi (010 QUA)
Le Quadrantidi sono osservabili solo dall’emisfero settentrionale ed hanno una attività comparabile a quella delle Perseidi e delle Geminidi anche se solo durante la seconda metà della notte offrono altezze del radiante adeguate. Il picco di attività meteorica è generalmente di durata relativamente breve (circa 14 ore nel visibile). È impossibile eseguire un’analisi significativa dello sciame basandosi solo su dati osservativi provenienti da un’unica località. L’utilizzo di dati globali è essenziale per lo studio delle Quadrantidi. Una bassa attività rilevata da dati video, visuali e radar inizia già il 28 dicembre e si estende fino al 10 gennaio [10]. Il primo articolo sull’evoluzione orbitale è stato pubblicato da Hamid e Youssef nel 1963 i quali trovarono che l’orbita di 4000 anni fa corrispondeva a quella attuale, nonostante avesse avuto un’evoluzione in questo periodo temporale [11]. Wu e Williams utilizzarono le capacità di calcolo per studiare l’evoluzione a lungo termine delle orbite prese dal Catalogo delle Meteore della IAU, che comprende circa 69.000 orbite da dati fotografici e radar. Essi integrarono il moto di 118 meteoroidi indietro nel tempo fino al 5.000 a.C., cioè quasi 7.000 anni fa [12]. Si possono distinguere cinque sottoinsiemi di orbite: tre di essi mostrano elementi orbitali che cambiano periodicamente, il quarto mostra un cambiamento costante e la quinta classe sembra produrre risultati caotici. Il primo sottoinsieme, contenente 21 meteore, sembra rappresentare l’evoluzione orbitale stimata da Hamid e Youssef. Anche un’integrazione molto lunga, di 26.000 anni, non mostrò somiglianza tra le orbite medie di ciascuno dei primi tre sottoinsiemi in un certo momento del passato. Pertanto, i calcoli non indicavano un’origine e un tempo di espulsione comune di queste particelle.
Sorprendentemente, l’evoluzione orbitale della Cometa 96P/Machholz 1 è molto simile a quella delle orbite delle Quadrantidi [13]. La cometa cambia periodicamente i suoi elementi orbitali con un periodo di 4.000 anni. Attualmente, ha un’orbita simile a quella delle Quadrantidi tra l’anno 0 e il 500 d.C. L’evoluzione è quindi simile a quella del primo sottoinsieme nel lavoro di Wu e Williams, ma spostata di circa 2.000 anni. 96P/Machholz 1 è stata suggerita come progenitore delle Quadrantidi per la prima volta da Zausaev e Pushkarev nel 1989 [14]. Un ulteriore passo nella comprensione della struttura e degli oggetti correlati è stato proposto da Babadzhanov e Obrubov nel 1993 [15]. Una seconda cometa è stata suggerita come oggetto progenitore [16]. L’evoluzione orbitale della Cometa 1491 I (ora designata C/1490 Y1) è stata successivamente investigata da Williams e Wu nel 1993 [17]. La cometa era su un’orbita simile a quella delle Quadrantidi fino intorno al 1650 d.C. quando subì una forte perturbazione da parte di Giove, spingendo la cometa su un’orbita con un afelio di oltre 20 UA che la rende non è più visibile dalla Terra. L’orbita della cometa è stata integrata fino al 3.000 a.C. Il risultato fu un’orbita teorica media delle Quadrantidi che somigliava bene a quella osservata, tuttavia, la dispersione nelle orbite dei meteoroidi simulati era molto grande. Non era possibile dire quale cometa fosse il progenitore finché Jenniskens e Marsden [18] mostrarono la somiglianza delle orbite del pianeta minore 196256 (2003 EH1) e quelle delle Quadrantidi. Le simulazioni numeriche delle particelle rilasciate dall’asteroide indicano che il materiale della parte più densa dello sciame fu espulso intorno al 1800 [19]. I calcoli sembrano addirittura mostrare che fu un singolo, grande scoppio al perielio del progenitore intorno al 1835 a rendere le Quadrantidi uno sciame intenso. La longitudine solare delle Quadrantidi si sposta lentamente con un tasso di circa −0,34 gradi per secolo [20].
In due articoli recenti, il complesso formato da 96P/Machholz 1 è stato studiato da Neslušan, Kaňuchová e Tomko [21] e 196256 (2003 EH1) è stato analizzato da Neslušan, Hajduková e Jakubík [22]. Quest’ultimo articolo indaga anche la relazione con 96P/Machholz 1. I calcoli del modello confermano la struttura filamentare del complesso. Si scopre che il complesso 196256 è qualitativamente identico al complesso di 96P. Il complesso include sei filamenti ben stabiliti e due minori che si avvicinano all’orbita terrestre. Quattro sciami ben noti (Arietidi diurne 171 ARI), δ-Aquaridi meridionali (005 SDA), Quadrantidi (010 QUA), e δ-Aquaridi settentrionali (026 NDA). I filamenti modellati corrispondenti alle Arietidi diurne e alle δ-Aquaridi settentrionali e meridionali costituiscono la componente eclitticale, e quelli corrispondenti alle Quadrantidi e alla loro controparte meridionale (da rilevare) costituiscono la componente toroidale del complesso. La modellazione della distribuzione dei meteoroidi da parte di Vaubaillon ha prodotto diverse distribuzioni di densità al variare dei passaggi della Terra attraverso lo sciame. Recenti osservazioni video [23] mostrano che i meteoroidi sono simili ad altri sciami di origine cometaria in alcuni aspetti, ma simili a quelli di origine asteroidali in altri. Koten prope che il progenitore 2003 EH1 sia una cometa dormiente e che i meteoroidi siano probabilmente stati espulsi dagli strati superficiali.
Risultati Quadrantidi
Le Quadrantidi sono state analizzate in quattro occasioni, dal 2021 al 2024.
Per ogni anno di indagine si evidenzia un andamento molto simile indipendentemente dalla classe di durata considerata. Quello che emerge invece sia la forte disomogeneità di andamento da anno in anno, in particolare l’anno 2022 ha un andamento che si discosta molto dagli altri. Questo potrebbe avere varie spiegazioni. In primo luogo, non conosciamo i parametri precisi della stazione trasmittente che potrebbe averli variati facendoci vedere meno strutture. In secondo luogo, la Terra potrebbe aver attraversato una parte della nube nel suo passaggio diversa da anno in anno. Queste ipotesi scaturiscono dal fatto che lo HR non normalizzato varia molto con gli anni avendo un minimo significativo nel 2022, per poi quasi diventare cinque volte maggiore negli anni successivi. Questa non è una prova inconfutabile, perché come sottolineato le cause possono essere molteplici. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 1. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2024 | 283.11 | 283.02 | 283.02 | 283.02 |
2023 | 283.37 | 283.63 | 283.37 | 283.37 |
2022 | 283.12 | 283.54 | 283.12 | 283.59 |
2021 | 283.00 | 283.00 | 283.00 | 283.00 |
La tabella evidenza una buona correlazione del massimo dell’attività indipendentemente dalla durata dell’eco. Si è deciso inoltre di andare ad indagare i dati storici in modo da valutare la bontà dei risultati ottenuti. Per fare questo ci si è affidati ai dati radio del RMOB – Radio Meteor Observing Bulletin (www.rmob.org) e quelli visuali di IMO – International Meteor Organization (www.imo.net). Due considerazioni vanno fatti su questi dati. I dati del RMOB non sono processati e si basano unicamente sul numero di echi osservati, mentre quelli dell’IMO basandosi su dati visuali possono differire anche notevolmente da quelli radio, in aggiunta, in molti casi, il numero di dati utili era estremamente limitato.
Il grafico evidenzia un andamento abbastanza stabile nel tempo per quanto concerne la posizione del massimo. Si è deciso di non inserire i valori ottenuti in questa indagine nel grafico in quanto avrebbero appesantito la lettura dello stesso. Tuttavia, è evidente come i valori ottenuti siano compatibili con quelli storici. Infine, si è deciso di andare a valutare la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 2. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 39 | 283.2 | 0.3 |
RMOB | 24 | 283.1 | 0.3 |
0.0 | 4 | 283.1 | 0.2 |
0.2 | 4 | 283.3 | 0.3 |
0.5 | 4 | 283.1 | 0.2 |
1.0 | 4 | 283.2 | 0.3 |
I dati evidenziano una forte correlazione. Questo indica che il periodo di attività dello sciame si è mantenuto abbastanza costante nel tempo, con differenze in media di un giorno.
Draconidi (009 DRA)
Il radiante delle Draconidi di ottobre è circumpolare alle nostre latitudini. La cometa progenitrice fu scoperta da Giacobini a Nizza (Francia) il 20 dicembre 1900. Fu riscoperta da Zinner a Bamberg (Germania) il 23 ottobre 1913. Davidson [24] predisse la possibilità di una attività meteorica nel 1915. Grandi attese vi furono nel 1933, quando la Terra avrebbe attraversato il nodo discendente dello sciame 80 giorni dopo la cometa e resoconti dal Belgio mostrarono che l’evento fu spettacolare: il 9 ottobre apparvero simultaneamente diverse meteore e il tasso orario diventò notevole. La durata totale dell’evento fu limitata a 4,5 ore. Il 9 ottobre 1946, studiosi canadesi fotografarono 204 Draconidi in quattro ore [25]. Una fotografia contiene 29 scie catturate in 13 minuti. La dispersione cosmica del radiante era di appena 6.2’. La velocità geocentrica dei meteoroidi era di soli 20.43 km/s. Le meteore erano visibili a grandi altezze (in media tra 90 e 98 km). Le decelerazioni osservate e le masse indicavano che i meteoroidi delle Draconidi erano composti da materiale soffice che si disintegrava facilmente nell’atmosfera terrestre. Circa 17 ore prima del plenilunio, e con il crepuscolo che riduceva la magnitudine limite durante le osservazioni visive, gli osservatori dell’osservatorio di Skalnaté Pleso trovarono un ZHR massimo di [26]. Per questo ritorno delle Draconidi del 1946, nuove tecniche radar furono testate a Jodrell Bank, in Inghilterra.
La cometa progenitrice, 21P/Giacobini-Zinner, ha il suo perielio vicino al suo nodo discendente, ed entrambi sono vicini all’orbita della Terra. Il suo afelio si trova vicino all’orbita di Giove. Nel 1958, la cometa fu perturbata da Giove [27]. Da allora, il nodo discendente interseca il piano dell’eclittica molto all’interno dell’orbita terrestre. La cometa fece un altro passaggio vicino a Giove nel 1969 e la sua orbita fu nuovamente perturbata, ripristinando una posizione favorevole del nodo discendente vicino all’orbita terrestre. Questo rafforzò l’idea di una possibile tempesta meteorica nel 1972, ma i tassi rimasero molto bassi. L’8 ottobre 1985 furono riportati tassi molto alti [28] così come coi dati radar di Ottawa [29] e osservati con tecniche forward scatter da DeMeyere dal Belgio [30]. Anche Mason dalla Gran Bretagna riportò un’intensa attività [31], tuttavia non si sono ottenuti i valori del 1933 e del 1946 [32]. Un altro burst si verificò nel 1998, correttamente predetto da Reznikov [33]. Il picco di ZHR raggiunse 720 ± 90 [34]. Il massimo di attività attraverso le osservazioni radar [35] era l’8 ottobre 1998, alle 13h10m UT (λ⊙ = 195.075°) senza deviazioni tra i picchi per riflessioni brevi e riflessioni di lunga durata (> 1 s). Le osservazioni video mostrarono un picco a λ⊙ = 195.07°. I dettagli del profilo furono discussi da Jenniskens [36]. Il ritorno più recente fu calcolato per l’8 ottobre 2011 [36][37]. Sebbene tutte le osservazioni visuali soffrissero di interferenze dalla luce lunare (illuminata al 91%), l’attività con un picco di ZHR di 400 alle 19h UT fu ben documentata [38]. Un altro burst, non predetto, composto da una grande frazione di piccoli meteoroidi si verificò l’8 ottobre 2012, alle 16h30m UT che fu più evidente nei dati radar. Suzuki [39] trovò una strana distribuzione dei radianti, ma non sono visibili effetti dipendenti dalla massa nella distribuzione.
Sato [40] ipotizzò che il filamento del 1926 sia responsabile del burst del 1998 e che i filamenti del 1966 e del 1959 causarono quella del 1999. Gli aspetti generali dei calcoli dei modelli sono descritti da Asher & Steel [41]. Lo scoppio del 2011 fu predetto [37][42] e si verificò esattamente nella posizione prevista. Le osservazioni rivelarono anche la sottostruttura causata da particelle espulse in una circostanza precedente [43]. Il picco principale fu osservato l’8 ottobre alle 20:15 UT (λ⊙ = 195.039°. I dati video dell’IMO Video Meteor Network [44] forniscono essenzialmente un profilo identico. L’analisi dei dati video in atmosfera [43] fornisce valori simili. Le sottostrutture nel profilo furono anche riportate da Sato [45]. L’aumento dell’attività nel 2012 avvenne inaspettato e fu rilevato dal Canadian Meteor Orbit Radar [46]. Le osservazioni radar rivelarono che il picco si verificò approssimativamente alle 16:40 UT dell’8. Allo stesso tempo, il massimo visivo si verificò intorno alle 16:50 UT (λ⊙ = 195.631°. Il ramo discendente fu anche registrato dalle telecamere dell’IMO Video Meteor Network [47]. Considerando i dati radar, questo burst è tra i più forti dal 1946. Le simulazioni dinamiche indicano che l’esplosione fu causata da particelle di polvere rilasciate durante il passaggio al perielio del 1966 della 21P/Giacobini-Zinner, sebbene ci siano discrepanze tra i tempi teorici e osservati dell’incontro, presumibilmente causate dagli avvicinamenti della cometa a Giove durante il periodo 1966-1972. Basandosi sui risultati della simulazione dinamica, Ye [46] prevede ulteriori possibili aumenti dell’attività. Maslov [42] ha analizzato l’evoluzione delle Draconidi e fornisce un elenco di eventi futuri.
Risultati Draconidi
Le Draconidi sono state analizzate in tre occasioni, dal 2021 al 2023.
Se si vanno ad analizzare i dati per le diverse classi di durata si evidenzia come sia molto difficile trovarne una correlazione adeguata. Alle durate inferiori è addirittura difficile evidenziare la vera attività dello sciame se non attraverso un’indagine più efficace. La vera attività dello sciame, come è normale che sia, invece diventa palese quando si va ad indagare il flusso a durate maggiori dove l’andamento dell’attività dello sciame diventa molto più evidente. Questo risultato è evidente in tutti gli anni analizzati. Il tasso orario non normalizzato suggerisce come questo non sia uno sciame particolarmente intenso, infatti viene definito uno sciame medio. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 3. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2023 | 192.58 | 192.32 | 192.32 | 193.97 |
2022 | 192.58 | 192.58 | 192.87 | 195.83 |
2021 | 196.82 | 193.73 | 192.87 | 195.83 |
La tabella evidenzia quello che è già stato sottolineato dall’analisi visuale dell’attività, cioè una forte disomogeneità nei dati. Questo potrebbe indicare come la nube che compone lo sciame abbia diverse e ben stratificate strutture al suo interno, con meteoroidi di diverse masse, Certamente l’indagine può essere inficiata anche da un numero non considerevole di meteore osservate che possono dunque contaminare la statistica. Per verificare le varie ipotesi sono stati ricavati i dati storici.
I dati storici evidenziano una forte disomogeneità nei risultati a conferma della natura evidentemente complessa di questo sciame. Va sottolineato come questo sciame non sia poi stato particolarmente studiato soprattutto nel campo visuale. Anche qui si è deciso di andare a valutare la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 4. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 6 | 194 | 3 |
RMOB | 24 | 192 | 2 |
0.0 | 3 | 194 | 2 |
0.2 | 3 | 192.9 | 0.8 |
0.5 | 3 | 192.7 | 0.3 |
1.0 | 3 | 195 | 1 |
I risultati sono compatibili, ma solo per la forte dispersione degli stessi (circa due giorni in media). Questo sciame sicuramente meriterebbe una migliore statistica per comprenderne meglio. La cosa interessante, tuttavia, è osservare come il risultato di durata maggiore si avvicini molto a quello visuale e questo è senza dubbio un buon indice di correlazione.
Orionidi (008 ORI)
I primi rapporti sull’attività delle Orionidi provengono dagli osservatori cinesi [48][49]. Non ci sono documenti europei che si riferiscono alle Orionidi prima del 1864, quando Herschel le notò [50][51]. Le Orionidi sono uno sciame meteorico annuale che può essere osservata da entrambi gli emisferi dal 2 ottobre al 7 novembre. Il periodo del massimo copre diversi giorni, solitamente dal 20 al 24 ottobre.
Dalla fine degli anni ’70, gli osservatori sono stati mobilitati per studiare attentamente le Orionidi a causa del ritorno della cometa progenitrice nel 1986. Non è stata riportata alcuna attività insolita in nessun anno; i tassi erano al livello usuale. Nel 1993, osservatori olandesi e tedeschi hanno notato indipendentemente un notevole tasso nella mattina del 18 ottobre [52]. Anche il numero di meteore luminose era significativamente più alto durante questo periodo, un fatto confermato da osservazioni fotografiche. Questo suggerisce che è stato incontrato un filamento di particelle più grandi. Le Orionidi sono state studiate fino al 1928 [53] andando a codificare i dati di osservatori del passato. I massimi ZHR osservati nel periodo di 20 anni dal 1981 al 2001 sono stati studiati in particolar modo da Dubietis [54]. Tassi significativamente migliori sono stati osservati nel 2006 e nel 2007 [55][56][57]. I successivi ritorni delle Orionidi nel 2008 e nel 2009 hanno comunque mostrato un tasso sopra la media [53]. I meteoroidi responsabili di questa attività sono intrappolati in una risonanza 1:6 con Giove [55][58]. La cometa progenitrice, 1P/Halley, non è in risonanza con Giove. Pertanto, può rilasciare meteoroidi in tutte le risonanze per un lungo periodo. La distanza minima piuttosto grande tra le orbite della cometa e della Terra favorisce la risonanza 1:6 perché ha la maggiore ampiezza tra tutte le zone di risonanza discusse [59]. Di conseguenza, potremmo trovare aumenti dei tassi delle Orionidi che si sono verificati sei rivoluzioni gioviane prima, cioè circa 72 anni prima del 2006. Il riscontro più forte sui tassi fu esposto da Loreta a Bologna nel 1936 [60]. Suggerimenti simili possono essere trovati in Lovell [61], sebbene non sia possibile alcuna calibrazione e i documenti originali di Prentice [62][63] non permettano ulteriori confronti.
Risultati Orionidi
Le Orionidi sono state analizzate in tre occasioni, dal 2021 al 2023.
Già ad una prima osservazione si evince come la distribuzione dei picchi in funzione della durata cambi molto e questo è un indizio di come la distribuzione in massa dei meteoroidi sia diversa. Andando ad analizzare lo HR si vede come il 2022 abbia rappresentato un minimo, mentre il 2023 un massimo con una attività aumentata di circa 4 volte. Questo è anche evidente nel numero di meteore utili all’indagine. Se sia dovuto alla natura intrinseca dello sciame o del trasmettitore non è semplice dirlo. In ogni caso, per ogni anno i profili sono ben evidenti, segno inequivocabile di una attività meteorica. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 5. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2023 | 209.41 | 209.91 | 209.87 | 209.20 |
2022 | 209.79 | 209.84 | 209.87 | 209.20 |
2021 | 208.39 | 209.92 | 208.39 | 210.91 |
Dalla tabella emerge una buona stabilità nei risultati tra il 2022 e il 2023, dove addirittura a durate superiori l’attività si è verificata nella stessa posizione. I valori si discostano da quelli del 2021 dove vi è una forte disomogeneità all’interno dell’anno stesso. È opportuno sottolineare un aspetto di questo sciame non evidente nei due precedenti. Il radiante delle Orionidi nel periodo studiato si trovava per dieci ore sotto l’orizzonte e dunque in questo periodo ne sue meteore non potevano essere studiate, questo implica che se il massimo reale si fisse verificato in questo lasso di tempo lo si sarebbe perso. Questa potrebbe essere anche una spiegazione per la difformità con il 2021. Per studiare le varie ipotesi sono stati ricavati i dati storici.
I dati storici evidenziano una fortissima variabilità e non sempre una correlazione tra dati. Questo starebbe ad indicare anche una struttura filamentare molto complessa, molto più marcata rispetto a quella degli sciami precedenti. Anche qui si è deciso di andare a valutare la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 6. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 24 | 209 | 1 |
RMOB | 24 | 208.3 | 0.6 |
0.0 | 3 | 209.2 | 0.7 |
0.2 | 3 | 209.88 | 0.05 |
0.5 | 3 | 209.4 | 0.9 |
1.0 | 3 | 209.8 | 1 |
Questi risultati sono molto contrastanti. In media si vede uno scostamento tra i dati storici visuali e radio, ma come detto questo non è un problema per via del fatto che si vanno ad indagare masse diverse. La cosa che invece salta subito all’occhio come i dati dell’indagine siano diversi da quelli radio. Questo potrebbe essere indicativo di una diversa sensibilità dello strumento utilizzato, anche se è difficile poterlo affermare con questa analisi. Sicuramente emerge in maniera lampante come questo sciame presenti una struttura complessa e non di immediata identificazione.
Leonidi (013 LEO)
Le Leonidi sono senza dubbio lo sciame più spettacolare osservato negli ultimi 200 anni. Hanno contribuito enormemente alla comprensione degli sciami di meteoroidi durante tutto questo periodo. La pioggia è periodica e la Terra attraversa il corpo principale ogni 33 anni, causando tassi di meteore molto elevati in alcune occasioni. Una sequenza di tali eventi è stata osservata nel periodo 1998-2002. Il radiante sorge solo dopo la mezzanotte locale, poiché non è lontano dall’apice. Pertanto, le meteore entrano nell’atmosfera terrestre con v∞ = 71 km/s, che è vicina alla velocità massima di collisione possibile per gli oggetti del Sistema Solare.
La cometa 55P/Tempel-Tuttle fu osservata per la prima volta da Wilhelm Tempel a Marsiglia, in Francia, il 19 dicembre 1865. Successivamente fu scoperta indipendentemente da Horace P. Tuttle il 6 gennaio 1866 dall’Osservatorio di Harvard negli USA. Entro la fine del 1866, von Oppolzer aveva calcolato l’orbita della cometa e Le Verrier aveva pubblicato la sua orbita calcolata per le ”’meteore di novembre”. Allo stesso tempo, ma indipendentemente, Peters (Germania), Schiaparelli (Italia) e von Oppolzer (Austria) riconobbero la connessione tra le Leonidi e 55P/Tempel-Tuttle [64]. Un gran numero di osservazioni del periodo 1799-1997 è stato analizzato da Brown [65]. Le tempeste del 1799, 1833, 1866, 1901 e 1966 si sono tutte verificate a longitudini solari considerevolmente più tarde del passaggio della Terra al nodo della cometa in quell’anno particolare. Lo sciame ha contribuito molto al progresso della scienza delle meteore nel XX secolo. Mentre la tempesta del 1966 fu osservata a sorpresa, l’epoca vicino alla fine del secolo fu accompagnata da modelli teorici avanzati del flusso di meteoroidi. Una previsione precoce delle tempeste del 1998/1999 venne da Yeomans [66]. I momenti in cui la Terra passa attraverso il piano orbitale della cometa furono considerati i più probabili per un’alta attività. Questi erano il 17 novembre 1998, alle 19h43m UT e il 18 novembre 1999, alle 1h48m UT. Un modello che tiene conto delle perturbazioni orbitali sui meteoroidi fu introdotto da Kondrat’eva & Reznikov [67]. Il metodo è chiamato “metodo della scia di polvere” ed è diventato uno strumento potente per prevedere le tempeste di meteore da allora. I picchi di attività del 1999-2006 sono stati predetti con successo da questo metodo da McNaught & Asher [68]. La modellazione di uno sciame completo, dove le densità numeriche delle particelle nello spazio sono indicazioni dirette per l’afflusso di meteoroidi, è computazionalmente impegnativa. Brown & Jones [69] integrarono fino a 3 milioni di particelle per spiegare le attività del 1902 e del 1965. Il modello prevedeva anche l’attività in aumento nel periodo 1997-2001 o 2002 con i tassi più alti nel 1998-2000 a λ⊙ = 235,6°.
Le Leonidi del 1998 dimostrano chiaramente che gli ZHR più alti sono causati principalmente da meteoroidi più grandi, mentre il picco inferiore vicino a 235,3° è dovuto principalmente a meteoroidi più piccoli. Uchiyama [70] è stato in grado di separare i due filamenti. Rendtel [71] ha rilevato variazioni periodiche brevi dell’ordine di 3 minuti nei dati del 1999. Questi suggeriscono strutture di circa 3000 km di dimensione. Le misurazioni di Suzuki [72] mostrano che l’altezza iniziale della scia luminosa diminuisce con la magnitudine assoluta.
Risultati Leonidi
Le Leonidi sono state analizzate in tre occasioni, dal 2021 al 2023.
Avendo già analizzato tre sciami possiamo già avere alcune informazioni. Anche qui, come per le Orionidi, il radiante è sotto l’orizzonte per una buona parte della giornata (nove ore) e questo potrebbe far perdere utili informazioni. I grafici evidenziano bene l’andamento dello sciame, ma subito è evidente anche in questa occasione come la posizione del massimo vari in funzione della classe di durata. Anche il numero considerevole di picchi a durate superiori fa presupporre ad una struttura filamentare complessa. Anche in questo caso lo HR del 2022 è minore degli altri, indice, a questo punto, di una variazione dei parametri della stazione trasmittente, alla luce del fatto che quella ricevente non è stata cambiata nel corso del periodo di indagine. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 7. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2023 | 234.96 | 234.96 | 234.97 | 236.01 |
2022 | 233.243 | 234.51 | 235.21 | 234.25 |
2021 | 233.084 | 233.08 | 233.50 | 233.50 |
La tabella non fa altro che rimarcare i risultati precedentemente rilevati. Come le analisi storiche hanno evidenziato, questo potrebbe essere spiegabile con due principali filamenti con densità diverse e in questa analisi non è stata volutamente un’analisi più approfondita della struttura fine degli sciami. Per suffragare le ipotesi, come già fatto, è opportuno confrontarsi coi dati storici.
Il grafico evidenzia come la posizione del massimo vari alquanto da anno in anno e come i dati radio e visuali in generale siano alquanto compatibili, tranne in alcuni anni dove le differenze sono molto evidenti. Non è allarmante come in alcuni casi i dati dell’IMO sembrino discostarsi molto da un certo andamento, questo è dovuto alle condizioni ambientali in cui sono stati presi i dati che possono aver inficiato notevolmente le misure. Anche qui si è deciso di andare a valutare la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 8. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 38 | 235 | 2 |
RMOB | 24 | 235 | 2 |
0.0 | 3 | 234 | 1 |
0.2 | 3 | 234 | 1 |
0.5 | 3 | 234.5 | 0.9 |
1.0 | 3 | 235 | 1 |
I dati evidenziano come sul lungo periodo i dati siano compatibili entro l’errore (un giorno). Si nota una fortissima dispersione nei dati storici (due giorni), non così evidente nei risultati della presente analisi. Nonostante i primi dati facessero pensare a una forte disomogeneità nei risultati, questo non è emerso, indicando che lo sciame, nonostante variazioni annuali, su tempi scala più lunghi si mantiene pressoché stabile. Sicuramente lo sciame andrebbe indagato in maniera più fine, ma già questa analisi ha permesso di ottenere dei risultati interessanti.
Geminidi (004 GEM)
La posizione del radiante consente osservazioni essenzialmente durante tutta la notte alle nostre latitudini, con basse elevazioni solo nella prima serata. Gli alti tassi orari, la ricchezza di meteore luminose e il fatto che questo sciame principale sia ancora poco osservato dovrebbero motivare gli osservatori.
Per la maggior parte degli sciami principali, ci sono resoconti dettagliati di apparizioni che si sono verificate molti secoli fa. Tuttavia, le Geminidi non furono notate prima del XIX secolo. Le prime indicazioni dello sciame furono pubblicate da Quetelet [73][74], che menzionò un’alta attività meteorica il 12-13 dicembre 1830 a Heiligenstadt (Germania), nella quale furono riportati 40 bolidi. Non sono disponibili dettagli come posizioni del radiante, tassi orari, ecc., da queste prime osservazioni, e in effetti solo le date suggeriscono che queste siano le prime osservazioni dell’attività delle Geminidi. La maggior parte degli autori cita Greg [75] come lo “scopritore” delle Geminidi nel 1862. Dal 1862 in poi, Denning menziona il radiante delle Geminidi. I tassi non erano molto alti, ma il radiante era facilmente rilevabile. Il primo osservatore a seguire attentamente le Geminidi fu Dole dal Massachusetts, USA, nel 1901, 1908 e 1910. Dole [76] scrisse: “Dopo la pioggia delle Perseidi in agosto, le Geminidi sembrano essere la pioggia di meteore più costante”. La ragione principale per la mancanza di resoconti è che tutti i principali studiosi di meteore del periodo erano interessati solo agli studi visuali del radiante. Le osservazioni visuali raccolte in oltre 60 anni (1944-2003) mostrano che i profili vicini al picco di attività sono piuttosto costanti per tutto il periodo. Il picco di attività che dura circa 12 ore tra 𝜆⊙ = 261.5° ± 0.15° e 262.4° ± 0.05° [77]. Un doppio picco è previsto dal lavoro di Jones [78] così come da Ryabova [79]. I profili ZHR del 1991 e del 1993 mostrano una certa struttura fine. Variazioni simili si possono trovare in altri profili [77].
A causa dell’orbita a breve periodo delle Geminidi, non sono previste risonanze di basso ordine. Possibili ragioni per tali strutture possono essere perturbazioni planetarie o resti di eiezioni di particelle a diverse rivoluzioni del corpo principale. Più probabilmente, diverse orbite sono state successivamente disturbate dai pianeti e causano l’attraversamento delle strutture da parte della Terra in posizioni diverse. Modellare le Geminidi è molto difficile [80]. Considerando l’orbita passata di 3200 Phaethon, l’attività principale non appare, ma un’attività si estende ben oltre il periodo massimo. L’analisi dei dati visuali riguardanti la parte finale del profilo di picco mostrano alcune caratteristiche interessanti [77]. L’orbita delle Geminidi è insolita tra gli sciami principali conosciuti, con una distanza perielica molto piccola e un breve periodo orbitale, 1.43 anni, che hanno causato problemi per la classificazione dello sciame. L’aspetto generale e il comportamento sono peculiari: a differenza delle meteore di altri sciami, le altezze iniziali non aumentano con la massa del meteoroide [81]. Le altezze sono ben al di sotto degli 80 km [82]. La densità apparente è di circa 3 g/cm³ [83][84]. I meteoroidi sono poveri di elementi volatili [85][86]. Altrove nel flusso, l’impoverimento non è completo e varia da un meteoroide all’altro [85]. Ciò suggerisce che i meteoroidi sono di età diversa o provengono da diverse profondità all’interno di Phaethon. Borovička sostiene nella stessa pubblicazione che l’alta resistenza non è una prova della loro origine asteroidale. Il rapporto Fe/Mg è simile al materiale cometario di tipo Halley e suggerisce un’origine cometaria delle Geminidi, di Phaethon e di altri membri di questo complesso.
Si sa poco dell’asteroide (3200) Phaethon. Sebbene si muova su un’orbita con un afelio leggermente esterno all’orbita terrestre, ci sono lunghi periodi durante i quali l’asteroide difficilmente diventa più luminoso della magnitudine +18. Phaethon potrebbe essere il nucleo degassato di una cometa. Questo è supportato dalle osservazioni di un altro asteroide Apollo, 1999YC, riportato recentemente [87]. 1999YC forse condivide un’associazione dinamica con il complesso Phaethon-Geminidi [88], che include anche 155140 (2005UD). Kasuga e Jewitt hanno trovato che la perdita di massa totale di 1999YC è molto bassa (dell’ordine di 10⁷ kg), mentre si presume che la massa del flusso delle Geminidi sia di circa 10¹²-10¹³ kg. Pertanto, Kasuga e Jewitt suggeriscono che lo sciame potrebbe essere il prodotto di una rottura catastrofica piuttosto che di una frantumazione continua del corpo principale. Ohtsuka [88] sostiene che 155140 (2005UD) potrebbe essere un nucleo diviso di Phaethon. La pioggia meteorica delle (Diurne) Sestantidi sembra essere più strettamente associata a 155140 (2005UD) che a 3200 (Phaethon). Ryabova [79] ha mostrato attraverso la modellazione matematica dell’evoluzione dello sciame che le particelle espulse prima e dopo il passaggio al perielio del corpo principale formano due rami di evoluzione. I meteoroidi formano due strati nello spazio che si incrociano come forbici. Tale evoluzione può spiegare la struttura a doppio picco delle curve di attività delle Geminidi. Ryabova [79] ha analizzato tempistiche dei picchi radar e visivi coprendo masse di meteoroidi da meno di 10⁻⁵ g a quasi 0.1 g. La separazione tra i massimi di attività è grande quanto 6° in longitudine solare per le particelle più piccole e si riduce a 0.3° per i meteoroidi più grandi. Il modello di Ryabova [89] fornisce profili a varie sezioni. Le osservazioni visive e radar possono fornire la calibrazione necessaria del modello per conferirgli potere predittivo. Un altro tentativo è stato pubblicato da Ryabova [90]. Diversi autori hanno riassunto che “modellare le Geminidi è molto difficile”. Un rapporto conclusivo è stato dato da Ryabova [91]. I calcoli del modello di Vaubaillon si basano sull’orbita passata di (3200) Phaethon. Ovviamente, questo non riproduce l’attività principale osservata ma un possibile picco successivo.
Risultati Geminidi
Le Geminidi sono state analizzate in tre occasioni, dal 2021 al 2023.
Nonostante lo sciame in alcuni momenti della giornata abbia il radiante sotto l’orizzonte evidenzia molto bene la sua struttura con un andamento ben definito. È altresì evidente anche una struttura articolata dello sciame, infatti generalmente si parla di complesso delle Geminidi come precedentemente visto. I vari picchi in diverse classi di durata non sono apparentemente così distanti l’uno dall’altro e la loro ampiezza ci fa pensare ad una attività prolungata nel tempo o come suggerito da un complesso di più sciami con radianti molto vicini. Anche in questo caso si vede un’anomalia nei dati del 2022 per quanto riguarda il valore del tasso orario. Sicuramente visti i tassi possiamo annoverarlo tra gli sciami più interessanti di questa indagine. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 9. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2023 | 261.76 | 261.76 | 261.76 | 261.64 |
2022 | 261.34 | 262.67 | 261.51 | 262.66 |
2021 | 261.99 | 261.99 | 261.82 | 262.24 |
L’analisi precedente è suffragata dai dati di questa tabella dove si evince una buona stabilità negli anni e soprattutto come il massimo principale sia sostanzialmente lo stesso a meno di errori di alcune ore. Vi è sostanzialmente la certezza di aver preso il massimo principale del complesso e non qualche massimo secondario sporadico. Come detto le piccole discrepanze potrebbero derivare dal fatto che la massima attività si sia registrata quando il radiante si trovava sotto l’orizzonte. Un’analisi dei dati storici può suffragare o smentire le ipotesi.
L’andamento del grafico evidenzia oscillazioni annuali, ma se andiamo ad immaginare una linea di tendenza, vediamo come questa apparirebbe tutto sommato piatta, evidenza di una stabilità spaziale dello sciame. I dati visuali, tranne qualche eccezione, risultano molto più compatti di quelli radio che presentano scostamenti maggiori, ma come già più volte ribadito, questo potrebbe dipendere dalla diversa sensibilità. Come negli altri casi si è valutata la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 10. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 39 | 262.0 | 0.8 |
RMOB | 24 | 262.0 | 0.8 |
0.0 | 3 | 261.7 | 0.3 |
0.2 | 3 | 262.1 | 0.5 |
0.5 | 3 | 261.7 | 0.2 |
1.0 | 3 | 262.2 | 0.5 |
Questi risultati sono in ottimo accordo con quello affermato sopra. Si vede una forte stabilità dei valori sul lungo periodo ed anche nel breve. Come si diceva, non era assolutamente scontata questa situazione alla luce dei numerosi sciami con radiante prossimo a quello di indagine. Lo sciame, perciò, appare ben strutturato con poche variazioni di posizione spaziale, con una struttura omogenea per quanto riguarda la densità dei meteoroidi ad essa associati.
Ursidi (015 URS)
Questo radiante è circumpolare per gli osservatori alle nostre latitudini. Le meteore possono essere osservate per tutta la notte e il loro radiante raggiunge altitudini leggermente più elevate dopo mezzanotte. In media, un osservatore può aspettarsi circa 10 eventi all’ora vicino al massimo. Lo sciame ha prodotto brevi burst in diverse occasioni e continuerà a farlo. La maggior parte delle esplosioni si è verificata quando la cometa progenitore era lontana dal suo perielio. Nel 1945, il 22 dicembre alle 16:30 UT, gli osservatori slovacchi presso l’osservatorio di Skalnaté Pleso hanno segnalato un’attività meteorica inaspettata. Bečvář [92] ha calcolato uno ZHR di 170. Questo ZHR sorprendentemente alto è stato citato nella maggior parte dei rapporti, ma Ceplecha [93] ha ricomputato i tassi e ha trovato uno ZHR dell’ordine di 50. Gli osservatori slovacchi hanno osservato nuovamente gli Ursidi nel 1946 quando i tassi erano a un livello molto basso. Nei successivi anni, i tassi massimi sono stati osservati inferiori a 15. Il ritorno delle Ursidi nel 1981 ha dato ZHR più alti del solito. Il massimo si è verificato il 22 dicembre 1981 a 𝜆⊙ = 270.82° [94]. Un altro picco insolito si è verificato intorno alle 20 UT del 22 dicembre 1986 [95]. Gli ZHR hanno superato i 50, ma le condizioni di osservazione sfavorevoli possono aver portato a una sovrastima dei tassi. Alcuni dettagli di questo evento sono discussi da Jenniskens [96]. Come nel caso dell’esplosione del 1945, 8P/Tuttle era molto più vicina al suo afelio che alla posizione del perielio. Questa esplosione è avvenuta esattamente tre rivoluzioni dopo l’evento del 1945. Un’altra osservazione è stata riportata per il ritorno del 1994 [94]. Gli ZHR più alti si sono verificati intorno al 22 dicembre 1994, alle 18:10 UT (λ⊙ = 270.75°). Tassi molto superiori alla media sono stati riportati anche nel 2000 (ZHR = 90) il 22 dicembre, alle 08:06 UT ± 7m [97][98], nel 2004 (ZHR = 48) e nel 2007 (ZHR = 34) il 22 dicembre, alle 21:16 UT. L’evento del 2007 è stato fortemente influenzato dalla luce lunare. I dati video non mostrano una grande differenza tra i valori del 2006 e del 2007. L’esplosione del 1945 è stata causata da una scia di polvere proveniente dal 1392, e l’esplosione del 1986 è un incontro con la scia di polvere del 1378 [99]. Incontri con scie di polvere del 1405 e del 1392 hanno causato l’esplosione del 2000.
La Cometa 8P/Tuttle ha un’orbita di 13.6 anni, passando appena al di fuori dell’orbita terrestre. I meteoroidi possono rimanere intrappolati nella risonanza del moto medio 6:7 con Giove, mentre la Cometa intorno alla risonanza 13:15 che produce un periodo leggermente più breve [99]. Nel corso di circa sei secoli, i perieli delle orbite dei meteoroidi diminuiscono fino a intersecare l’orbita terrestre. Allo stesso tempo, i meteoroidi si separano in anomalia media di 6 anni dalla cometa [100]. Pertanto, le esplosioni si verificano circa 6 anni dopo il passaggio al perielio della Cometa. Anche altri alti tassi dell’attività si sono verificati quando la cometa era vicina al suo perielio. Questo è stato osservato nel 1980 e anche nel 1993 e nel 1994. La ragione di queste esplosioni vicino alla cometa non è ancora chiara [100]. La modellazione dell’evoluzione da parte di Lyytinen (modello 1999) e da parte di Vaubaillon (modello 2005) produce risultati leggermente diversi [100]. Le osservazioni del 2008 e dei futuri ritorni potrebbero non solo fornire ulteriori approfondimenti sull’attività, ma anche sulle condizioni di emissione della polvere della cometa genitrice 8P/Tuttle.
Risultati Ursidi
Le Ursidi sono state analizzate in tre occasioni, dal 2021 al 2023.
Il tasso orario è molto basso e dunque non risulta uno degli sciami di più facile individuazione, ma nonostante questo tutti i grafici esibiscono abbastanza bene l’andamento soprattutto quando si considerano gli echi di maggiore durata. Il radiante è sempre molto alto in cielo e dunque questo non inficia i dati. I profili sono evidentemente contaminati dal fatto di avere dei tassi relativamente bassi, ma che non ne hanno pregiudicato la qualità. Questo valore basso va sì che l’anomalia del 2022 non sia per nulla evidente in questi dati. Per quanto riguarda la posizione del massimo nelle diverse classi di durata si sono ottenuti i seguenti risultati.
Tabella 11. La tabella, per ogni anno considerato nell’analisi, mostra la longitudine solare del massimo (J2000.0) per le diverse classi di durata.
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.0 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.2 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 0.5 s) |
l⊙ (°) ± 0.04° (> 1.0 s) |
|
2023 | 269.82 | 269.82 | 270.93 | 270.67 |
2022 | 270.12 | 270.34 | 270.12 | 271.56 |
2021 | 272.54 | 270.38 | 272.04 | 270.34 |
Qui i risultati evidenziano diverse situazioni. Sembra come vi siano due picchi in funzione della durata dei meteoroidi. Questo lo si osserva andando ad analizzare i risultati anno per anno. Osservando i dati della stessa classe di durata si possono osservare dispersioni più o meno evidenti. Lo sciame non sembra avere una sua stabilità spaziale, ma questo potrebbe essere in parte dovuto al fatto che i meteoroidi sono in numero tutto sommato esiguo rispetto ad altri sciami. Un’analisi storica può aiutare a comprendere meglio la precedente affermazione.
Il grafico evidenzia per i dati visuali una ottima stabilità; infatti, sembrano stare quasi tutti su una retta orizzontale, fatta eccezione per alcuni dati dovuti magari alle non ottime condizioni di indagine. I dati radar invece esibiscono una fortissima dispersione. Combinando i due risultati sembra come la parte di particelle di massa maggiore risulti essere costante spazialmente, mentre la parte più fina della struttura invece abbia una posizione variabile. Come negli altri casi si è valutata la longitudine solare media. Per l’errore si è considerata la deviazione standard.
Tabella 12. La tabella mostra la media della longitudine solare con relativo errore per i dati storici e quelli dell’analisi. Inoltre, si evidenziano anche il numero di dati utilizzati.
# dati | l⊙ (°) | ± σl⊙ (°) | |
IMO | 38 | 270 | 1 |
RMOB | 24 | 270 | 2 |
0.0 | 3 | 271 | 1 |
0.2 | 3 | 270.2 | 0.3 |
0.5 | 3 | 271 | 1 |
1.0 | 3 | 270.8 | 0.6 |
Su periodi lunghi queste disomogeneità vengono annullate evidenziando anche per i dati radio una certa stabilità, anche se in questo caso la dispersione è decisamente marcata (due giorni). Nonostante i pochi dati a disposizione si è riusciti ugualmente a ricavare dei risultati coerenti con le altre indagini svolte.
Conclusioni
Sono stati studiati i sei principali sciami meteorici del periodo ottobre-gennaio. Alcuni sono evidentemente degli sciami forti, altri più deboli. Da un punto di vista morfologico sono state analizzate situazioni molto diverse e se da una parte ha reso l’analisi più complessa, dall’altra ha evidenziato come la struttura degli sciami nel complesso sia decisamente più elaborata di come ci si potrebbe aspettare. I dati ottenuti sono pressoché compatibili con dati storici e questo a dimostrazione della bontà del sistema ricevente e delle tecniche di analisi adottate.
È emersa evidente quella che si potrebbe ribattezzare anomalia del 2022 dove sicuramente qualcosa è cambiato in quell’anno. Ma dato che il sistema ricevente non è stato toccato è lecito pensare che la modifica, probabilmente temporanea, è dovuta al sistema trasmittente. Sicuramente questi sciami meriterebbero un’analisi maggiormente approfondita e focalizzata su ognuno di loro, ma gli scopi del lavoro sono stati raggiunti. Infine, va ricordato che questo è un lavoro svolto da studenti del terzo anno di liceo all’interno di un percorso di alternanza scuola-lavoro (PCTO).
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