L’idrogeno è ovunque
Esperienze di ricezione dell’emissione a 21 cm.
Esperimenti effettuati con un radiotelescopio che utilizza un’antenna horn e un radio-spettrometro FFT appositamente costruiti, dimostrano la possibilità di studiare a livello amatoriale l’emissione monocromatica dell’idrogeno ovunque presente in cielo, addensato lungo il piano della Via Lattea, fornendo un’eccellente occasione per approfondire le tecniche che evidenziano le ”firme”spettrali della radiazione cosmica.
L’articolo è per gli appassionati di radioastronomia che vogliono approfondire le possibilità della radiospettrometria con mezzi dilettantistici. La discussione ha un’impostazione tecnica, focalizzata sulle informazioni necessarie per iniziare ad esplorare l’affascinante mondo della radioastronomia dell’idrogeno. E’ praticamente impossibile approfondire ogni aspetto della costruzione di un radiotelescopio a 1420 MHz: qui accennerò alla struttura generale del sistema ricevente e alla procedura utilizzata per elaborare i dati acquisiti in modo da evidenziare la riga HI rispetto al rumore di fondo.
La riga a 21 centimetri (Riga HI, con frequenza di riposo 1420.40575 MHz), dovuta all’emissione quasi monocromatica dell’idrogeno “freddo” che popola gli spazi interstellari, è stata prevista teoricamente da Van De Hulst nel 1944 e scoperta da H. I. Ewen e E. M. Purcell nel 1951 durante una scansione della Via Lattea. Questo evento ha rappresentato il primo successo autonomo della radioastronomia: grazie ai radiotelescopi è stato possibile determinare la struttura a spirale della Galassia. Da allora sono state scoperte molte molecole complesse, anche organiche.
Il tono radio dell’idrogeno è emesso quando l’elemento, dopo aver acquistato energia dalle collisioni con altri atomi o elettroni (spin paralleli del protone e dell’elettrone), ritorna allo stato di riposo, mediamente dopo 107 anni (spin antiparalleli). Nonostante la probabilità dell’evento sia molto bassa e lo spazio interstellare assimilabile a un ambiente ad alto vuoto (assai più spinto di quello realizzabile artificialmente), i pochi atomi di idrogeno presenti per metro cubo sono una frazione significativa della massa totale della Galassia e, date le sue dimensioni, la loro emissione diventa osservabile anche con piccoli radiotelescopi. Organizzando una serie di osservazioni, da queste misure è possibile evidenziare la struttura a spirale della nostra galassia. La radiazione HI delle nubi di idrogeno galattiche, che dipende dalla temperatura e dal numero di atomi presenti lungo la linea di vista, proviene da sorgenti distribuite larghe diversi gradi con una temperatura di brillanza fino a circa 100 K, quindi misurabile con un radiotelescopio amatoriale.
Utilizzando i radio-spettrometri è possibile visualizzare il profilo della riga in funzione della frequenza (che occupa una banda di circa 1 MHz attorno alla frequenza di riposo) e, applicando tecniche doppler all’analisi dei dati, si ottengono importanti informazioni sulla dinamica degli spostamenti delle grandi masse gassose emittenti e sulla loro velocità rispetto all’osservatore: se queste si allontanano dalla Terra, il picco della riga sarà spostato verso frequenze maggiori, se sono in avvicinamento la frequenza sarà minore rispetto al valore del gas a riposo. Poichè il disco galattico è relativamente trasparente a queste frequenze, studiando come si modifica il profilo della riga nelle varie regioni del cielo e indagando la distribuzione del gas è possibile determinare indirettamente la struttura, la curva di rotazione e la forma della Galassia. L’assorbimento dovuto al gas interstellare impedisce questa esplorazione nel visibile. Come si vedrà, l’analisi dell’intensità della riga consente anche di stimare la quantità di idrogeno “vista” dal radiotelescopio.
Per il principio di indeterminazione di Heisemberg (meccanica quantistica), una riga spettrale non può essere infinitamente stretta: l’indeterminazione dei livelli di energia di decadimento delle transizioni degli atomi, che da eccitati ritornano allo stato di riposo, allargano il suo profilo ”naturale”. Intervengono anche altre cause come le collisioni fra gli atomi e la loro agitazione termica, la turbolenza di gruppi di atomi con la stessa velocità (allargamento per effetto Doppler) e, nel caso di una misura astronomica, gli effetti introdotti dal mezzo interstellare fra sorgente e osservatore. L’allargamento osservato è determinato principalmente dall’effetto Doppler dovuto al moto della nube emittente rispetto all’osservatore. Inoltre, maggiore è l’ampiezza del fascio di ricezione dell’antenna ricevente (scarso potere risolutivo del radiotelescopio), meno definito e più largo risulterà il profilo della riga durante una scansione del cielo, dato che il segnale ricevuto è la convoluzione del beam di antenna con il profilo della sorgente. Una grande antenna con un lobo di ricezione molto stretto, oltre a guadagnare in sensibilità, ottimizzerà la risoluzione spaziale della misura migliorando la definizione dello spettro con le sue complesse strutture che risultano dalla sovrapposizione di numerosi contributi delle masse di idrogeno, ciascuno con differenti velocità, provenienti dai bracci a spirale della Galassia.
L’antenna e il ricevitore
E’ stato costruito un radiotelescopio per verificare la fattibilità di questa ricerca. Per le prime prove si è utilizzata un’antenna horn piramidale di modeste dimensioni, economica e facilmente realizzabile, assemblata con fogli di alluminio (simile a quella descritta in http://www.setileague.org/articles/horn.htm) e sostenuta con un supporto di legno orientabile manualmente in azimut ed elevazione, nello stile amatoriale che privilegia l’utilizzo di materiali economici e facilmente disponibili. Il segnale ricevuto è amplificato e filtrato per limitare le interferenze locali, inviato al ricevitore che analizza una porzione dell’intera banda passante centrata sul valore a riposo della riga dell’idrogeno (1420.40575 MHz). Pur essendo protette e riservate per la ricerca radioastronomica, le frequenze vicine a 1420 MHz sono spesso disturbate da una grande quantità di segnali interferenti: è quindi necessario limitare la banda di ricezione. Poiché il rumore del cielo a queste frequenze è minimo, è desiderabile sfruttare il massimo vantaggio ottenibile da un sistema ricevente con minima rumorosità: per questo motivo è stato inserito un amplificatore a bassissimo rumore, con banda relativamente ampia ed elevata dinamica, fra l’antenna e il resto del ricevitore. Il mercato offre molte possibilità di scelta.
La seguente figura descrive la struttura del radiotelescopio: l’unità esterna (front-end) composta dall’antenna, dai dispositivi che amplificano il segnale alla frequenza ricevuta e dal lungo cavo coassiale che trasporta il segnale all’interno dell’edificio dove si trova il secondo blocco (back-end) comprendente il ricevitore, il modulo di acquisizione e il computer con il programma che analizza gli spettri.
Un radio-spettrometro deve essere sensibile, robusto (intervallo dinamico di funzionamento e capacità di reiezione dei segnali indesiderati esterni alla banda operativa) e stabile in frequenza. La precisione nella misura di piccoli spostamenti in frequenza degli spettri rispetto alla frequenza di riposo si traduce, infatti, in una misura altrettanto precisa della velocità delle masse gassose rispetto all’osservatore. Se il ricevitore è stabile in frequenza, sarà possibile integrare il profilo della riga sommando molte acquisizioni consecutive per ottimizzare il rapporto segnale/rumore, dato che lo spettro del segnale ricevuto varia molto lentamente nel tempo.
Il ricevitore utilizza componenti professionali e adotta uno schema a singola conversione di frequenza con demodulatore in quadratura e una coppia di uscite in banda-base (0.1-20 MHz) in fase e in quadratura. E’ disponibile anche un’uscita somma a banda ridotta (0.1-10 MHz) dove i precedenti segnali sono combinati in modo da garantire un’adeguata reiezione della frequenza immagine. L’oscillatore locale è un sintetizzatore di frequenza programmabile con riferimento sinusoidale di precisione a 10 MHz termostabilizzato e basso rumore di fase, agganciato al segnale 1PPS (1 Hz di riferimento) proveniente da un ricevitore GPS, configurazione che assicura un’eccellente stabilità in frequenza. Il sistema è controllato da un microprocessore che disciplina l’aggancio dell’oscillatore di riferimento al GPS, gestisce i comandi per l’impostazione e la visualizzazione della frequenza di ricezione. La struttura è quella tipica dei moderni ricevitori SDR (Software Defined Radio). Utilizzando le librerie del modulo di acquisizione dei segnali fornite dal costruttore, è stato sviluppato un programma che elabora e salva gli spettri ricevuti. Le impostazioni basilari sono quelle tipiche di un analizzatore di spettro FFT, alle quali si aggiungono funzioni indispensabili per il monitoraggio della riga HI e per il salvataggio periodico dei dati.
Dato che l’acquisizione di un singolo spettro istantaneo non evidenzia, di solito, il profilo della riga (immerso nel rumore di fondo), è necessario incrementare il rapporto segnale/rumore della misura integrando il segnale ricevuto: occorre programmare l’unità di acquisizione in modo che lo spettro risultante sia la media di un sufficiente numero di spettri istantanei acquisiti.
Per soddisfare questi requisiti ed avere la possibilità di impostare sessioni di misura automatiche, è stato sviluppato un programma che visualizza in tempo reale lo spettro in banda-base del segnale ricevuto. E’ possibile selezionale, oltre le normali funzioni di un analizzatore FFT, vari tipi di media sugli spettri ricevuti e programmare registrazioni automatiche (periodiche) degli spettri salvando i dati in file di testo, utili per successive elaborazioni. Interessante opzione futura prevede la possibilità di visualizzare spettrogrammi in tempo reale ma, per il momento, le funzioni implementate sono tutto ciò che ci serve per iniziare a lavorare.
Prove di ricezione
La più semplice prova di ricezione consiste nell’orientare l’antenna sullo zenit e aspettare il transito della Via Lattea nella regione del Cigno.
I seguenti grafici documentano il test. L’unità di acquisizione è stata impostata come analizzatore di spettro FFT che cattura i segnali nella porzione (4.0-7.0 MHz) della banda-base, corrispondente alla finestra di ricezione (1419-1422 MHz). I profili HI finali si sono ottenuti mediando un prefissato numero di spettri istantanei ed elaborando il risultato con la procedura che descriveremo fra poco. La riga di emissione HI è debole quando lo strumento “vede” una regione lontana dalla Via Lattea, quindi meno ricca di idrogeno, molto intensa quando la Galassia transita, durante il suo moto apparente, attraverso il campo di vista dell’antenna. Sono stimate le temperature di brillanza di picco dello spettro, le velocità radiali corrette rispetto al riferimento LSR (Local Standard of Rest), definito più avanti, e la densità di idrogeno lungo la linea di vista.
Integrando il profilo spettrale della riga rispetto alla velocità di spostamento della massa gassosa, si stima la densità colonnare di idrogeno lungo la linea di vista. Si ottengono valori tipici dell’ordine di 6.6⋅1021 atomi/cm2, distribuiti su una distanza di circa 35000 anni-luce: effettivamente la densità volumetrica media di idrogeno nello spazio interstellare è molto bassa, dell’ordine di 0.2 atomi/cm3, un vuoto migliore di qualsiasi vuoto artificiale. Il seguente grafico mostra la quantità di idrogeno intercettata dal nostro radiotelescopio quando l’antenna, orientata verso lo zenit, effettua una scansione del cielo durante la rotazione giornaliera della Terra: come ci si aspettava, i massimi si osservano lungo il piano della Galassia. Come vedremo, queste valutazioni sono molto critiche in termini di accuratezza: se il potere risolutivo dello strumento è scarso, e se le procedure utilizzate per elaborare i dati acquisiti non sono sufficientemente precise, si riscontrano errori importanti nella stima della densità del gas. In ogni caso, purchè correttamente interpretati, i risultati sono didatticamente interessanti, perchè contribuiscono a chiarire le complesse procedure utilizzate dai radioastronomi professionisti per comprendere la struttura della nostra Galassia attraverso il “marcatore” idrogeno.
Post-elaborazione degli spettri ricevuti
Se l’emissione osservata varia lentamente in frequenza durante il tempo di misura e se i parametri del ricevitore sono stabili quando l’antenna del radiotelescopio insegue la sorgente mantenendola costantemente centrata sul beam, sarà possibile calcolare la media su un numero sufficientemente grande di spettri acquisiti, abbattendo il rumore. Le osservazioni al transito effettuate con radiotelescopi a basso potere risolutivo (come nel nostro caso) e/o con tempi di integrazione eccessivamente lunghi, causano un allargamento e una distorsione negli spettri che possono introdurre errori importanti nelle stime di velocità e di densità del gas, dove è richiesta un’accurata conoscenza della forma del profilo. Inoltre, è necessario evidenziare la forma dello spettro mostrando solo le variazioni di potenza associate alla riga HI, cancellando l’inevitabile distorsione introdotta dalle variazioni della linea di base dovuta alla risposta in frequenza del ricevitore e al rumore diffuso proveniente dalle varie direzioni del cielo, che dipendono dall’orientamento dell’antenna.
La corretta visualizzazione di un profilo spettrale non è, quindi, un’operazione immediata, ma richiede ulteriori elaborazioni del segnale ricevuto per ottenere una forma caratterizzata da un massimo principale ben definito (con possibili massimi secondari) che tende a zero all’esterno della banda di misura. E’ quindi necessario correggere la misura rispetto alle variazioni della linea di base, che rappresenta la risposta in frequenza dello strumento quando non è presente il segnale utile, sottraendola dallo spettro ricevuto. La risposta in frequenza dello strumento presenta spesso delle ondulazioni (ripple) dovute a possibili disadattamenti di impedenza lungo la linea antenna-ricevitore (e nei circuiti del ricevitore stesso) che formano una configurazione di onde stazionarie. Sono stati sviluppati diversi metodi per evidenziare il profilo della riga HI rispetto al rumore di fondo, per ridurre l’influenza dei disturbi ed equalizzare lo spettro rispetto alle distorsioni causate dalla risposta in frequenza del ricevitore. La scelta fra le varie soluzioni dipende molto dalle caratteristiche del radiotelescopio. Una discussione approfondita della questione è argomento tecnico che sarà oggetto di un prossimo articolo.
Altra questione importante è la calibrazione della misura che trasforma l’indicazione dello strumento da rapporti di potenza (espressi in dB) a valori in kelvin della temperatura di brillanza associata alla sorgente. Ottenuta solo la variazione di potenza associata al profilo spettrale, un buon metodo per calibrare la misura consiste nel confrontare lo spettro ricevuto con uno spettro di riferimento (calibrato) della regione osservata, estratto da cataloghi professionali. Esistono diversi archivi che riportano i profili della riga HI in funzione della velocità radiale, nelle varie posizioni in cielo, con i quali è possibile confrontare le forme dei nostri spettri e la loro intensità. L’Unione Astronomica Internazionale (IAU), inoltre, ha suggerito l’utilizzo di alcune regioni del cielo, delle quali è stata accuratamente determinata la temperatura di brillanza, da utilizzarsi come standard per le osservazioni a 21 cm. Queste informazioni sono molto utili per confrontare le misure fra osservatori indipendenti e forniscono i riferimenti per calibrare il radiotelescopio e verificare il suo corretto funzionamento. Le seguenti tabelle riportano le posizioni e i parametri delle cosiddette Regioni Standard.
Funziona così: si punta l’antenna del radiotelescopio verso la regione desiderata (la posizione è specificata in coordinate galattiche) e si utilizza il valore della temperatura di brillanza di picco riportato in tabella per calibrare l’intensità del profilo misurato.
Per quanto riguarda i nostri esperimenti, ho preferito confrontare i profili HI acquisiti con analoghi spettri calibrati estratti da un archivio professionale, la survey EBHIS (dati reperibili in https://www.astro.uni-bonn.de/hisurvey/AllSky_profiles/index.php), effettuata con il radiotelescopio di Effelsberg (Bonn) da 100 metri di diametro e beam di antenna (effettivo) largo 0.2°, molto minore dell’estensione della sorgente: la forma del profilo HI osservato (distribuzione della temperatura di antenna) coincide con la forma reale della distribuzione di brillanza della nube di idrogeno. La situazione opposta si verifica quando osserviamo la stessa regione di cielo con il nostro radiotelescopio (beam largo circa 16°, circa 3 volte più grande della sorgente): l’effetto di convoluzione operato dall’antenna è molto marcato, si ha una scarsa definizione spaziale della misura che si riduce in una scarsa risoluzione in frequenza del profilo. Inoltre, lo strumento raccoglie il contributo emissivo delle regioni vicine che si sommano alla radiazione della regione effettivamente osservata. Specificando le coordinate celesti della regione osservata, dall’archivio si ottiene l’immagine del profilo HI associato e i dati in formato testo utilizzabili per successive elaborazioni. Da queste informazioni si ricava la forma dello spettro, la velocità radiale e la sua intensità massima (temperatura di brillanza di picco) utilizzabile per calibrare la nostra misura.
Stima delle velocità radiali delle masse di idrogeno.
La variazione di frequenza della radiazione elettromagnetica percepita da un osservatore quando la sorgente è in moto relativo rispetto ad esso è chiamata effetto Doppler, fenomeno tipico della propagazione per onde. La variazione di frequenza dello spettro osservato rispetto alla frequenza di riposo dell’idrogeno è un’indicazione della velocità relativa di spostamento fra sorgente osservatore lungo la linea di vista. Negli studi sulla riga HI è utile visualizzare lo spettro in funzione della velocità relativa, piuttosto che della frequenza. Se il moto della sorgente è sistematico, si osserverà semplicemente una traslazione dello spettro, mentre quando sono presenti componenti irregolari di moto interno (turbolenze di natura termica), allo spostamento si sommerà un allargamento e una distorsione nella forma del profilo dovuta al sovrapporsi di effetti Doppler multipli. Studiando la forma dello spettro si ottengono, quindi, importanti informazioni sulla natura dei moti termici turbolenti e sistematici delle masse gassose.
Dato che l’osservatore si muove rispetto alla sorgente, la frequenza della sorgente varia sia durante la misura, sia quando la stessa regione di cielo è osservata in tempi diversi. Al reciproco movimento osservatore-sorgente contribuiscono il moto dovuto alla rotazione della Terra attorno al proprio asse, quello di rivoluzione della Terra attorno al Sole e il moto del Sole rispetto al sistema di riferimento locale a riposo. Gli ultimi due sono i contributi più importanti. Per eliminare la dipendenza della misura dal momento dell’osservazione e poter confrontare gli spettri acquisiti in tempi diversi dai vari osservatori sparsi nel mondo, è necessario riferire la velocità radiale ad un opportuno sistema a riposo. E’ comunemente utilizzato il Local Standard of Rest (LSR), un punto nello spazio che si muove su un’orbita circolare attorno al centro della Galassia alla stessa distanza del Sole, con una velocità tangenziale di circa 220 km/s, calcolata come media delle velocità radiali e dei movimenti propri delle stelle prossime al Sole. Rispetto a LSR, il Sole si muove più rapidamente, con una velocità di 20 km/s, verso un “apice” nella direzione di Vega. E’ quindi necessario correggere la velocità radiale ottenuta direttamente dalla misura, sottraendo ad essa la velocità del sistema di riferimento LSR lungo la linea di vista. La velocità finale corretta è indicata con Vlsr. Il suo valore dipende dalla data e dall’orario dell’osservazione, dalla posizione dell’osservatore sulla Terra e dalla posizione della sorgente in cielo. Esistono diversi programmi, anche on-line sul web, che eseguono questo calcolo. Applicheremo quanto detto per confrontare i risultati delle nostre misure con i dati ufficiali di riferimento.
Decomposizione delle componenti del profilo HI
E’ sempre possibile scomporre la forma complessa del profilo HI, dovuta al sovrapporsi prospettico delle varie componenti provenienti dai bracci a spirale della Galassia, in una combinazione di funzioni gaussiane elementari, ciascuna associata a una riga spettrale. L’ampiezza, la velocità e la larghezza di ogni componente sarà differente secondo la concentrazione di gas, la distanza e la velocità associate a quella specifica regione emittente. Come si è detto, la definizione spettrale della riga, quindi la complessità del profilo, dipendono dal potere risolutivo dell’antenna utilizzata: il numero di funzioni elementari utilizzate per rappresentare lo spettro sarà uguale al numero di massimi osservati nella registrazione.
Nella seguente figura è rappresentato lo spettro HI misurato quando il radiotelescopio osserva il piano galattico nella regione del Cigno, decomposto nelle sue componenti. Nel nostro caso si è utilizzata una combinazione di tre funzioni gaussiane indipendenti: impostando opportuni valori iniziali per i parametri, un algoritmo di adattamento calcola la combinazione che meglio approssima la forma dello spettro misurato. La convergenza dell’algoritmo è garantita da un’opportuna (plausibile) scelta iniziale per i parametri. Utili indicazioni si ottengono analizzando lo spettro di riferimento.
Il topolino e l’elefante: un istruttivo confronto fra il nostro radiotelescopio e il paraboloide gigante da 100 metri di Effelsberg
Si ottiene un’accurata rappresentazione del profilo spettrale osservando con un’antenna con fascio di ricezione stretto (elevato guadagno): avremo uno strumento sensibile e una migliore definizione, dato che saranno visibili strutture complesse dovute ai differenti contributi emissivi delle masse gassose intercettate lungo la linea di vista dell’antenna come accade, ad esempio, durante l’osservazione prospettica dei bracci a spirale della Galassia. D’altra parte, più ampio è il campo di vista, meno definito sarà il profilo della riga durante la scansione del cielo, dato che lo strumento raccoglie il contributo radiativo dell’idrogeno ovunque presente, soprattutto attorno al piano della Galassia.
Le seguenti figure mostrano spettri (calibrati) sovrapposti, relativi a due regioni di cielo osservate con il nostro radiotelescopio (dopo aver applicato la procedura di post-elaborazione precedentemente descritta) e con l’enorme radiotelescopio a paraboloide da 100 metri di diametro di Effelsberg vicino a Bonn. Fra i due strumenti ci sono differenze di prestazioni ”astronomiche”, e si vede: gli spettri di riferimento (quelli estratti dalla citata EBHIS survey) mostrano una notevole ricchezza di dettagli dovuta all’elevato potere risolutivo dell’antenna che raccoglie solo la radiazione emessa dalle parti della regione di cielo intercettate dal beam, mentre il nostro strumento raccoglie, oltre alla radiazione della sorgente, anche quella delle regioni vicine (dato che l’idrogeno è ovunque nello spazio). La radiazione proveniente dalle regioni adiacenti si somma in potenza a quella osservata causando un allargamento del profilo e un incremento di intensità delle componenti secondarie. Ulteriore allargamento e ”smussamento” dello spettro è dovuto alla convoluzione del beam di antenna con la distribuzione di brillanza e alla tecnica di osservazione al transito. Come si è detto, il processo di integrazione degli spettri acquisiti quando la sorgente transita davanti al campo di vista dell’antenna, tende a distorcere il vero profilo HI (allargando e disperdendo la struttura) dato che si sommano molti spettri leggermente diversi nella forma (che, ovviamente, varia durante il transito). Questo problema non si verifica quando l’antenna del radiotelescopio insegue la sorgente.
Piccole differenze nella velocità radiale di picco degli spettri sono dovute a possibili errori di puntamento del nostro radiotelescopio e al fatto che il catalogo di riferimento copre il cielo a step discreti, proponendo gli spettri della regione più vicina a quella richiesta.
Le differenze di forma negli spettri ottenuti con i due strumenti fanno sentire il loro peso soprattutto quando si stima la densità di idrogeno lungo il cammino di vista, che prevede il calcolo dell’integrale della temperatura di brillanza della sorgente entro la banda di misura. Quando si confronta la densità del gas stimata dalle misure effettuate con il nostro radiotelescopio rispetto a quella calcolata sullo spettro di riferimento, si riscontra un errore importante, dovuto alla forma non sufficientemente accurata dello spettro da noi misurato (l’area sottesa dal profilo HI è sensibilmente superiore a quella di riferimento).
Conclusioni
Ho descritto uno strumento, facilmente trasportabile e adatto per “misure sul campo” in attività dimostrative rivolte al pubblico, che utilizza un’antenna horn piramidale e un ricevitore appositamente costruiti per osservare l’emissione dell’idrogeno a 1420 MHz (corrispondente alla lunghezza d’onda di 21 cm). Per varie ragioni, fra le emissioni monocromatiche di interesse radioastronomico, questa è la più conosciuta, ma le tecniche discusse si applicano altrettanto bene all’analisi spettrale di qualsiasi atomo o molecola che emette nella banda radio. Consapevole delle limitazioni di questo piccolo radiotelescopio, si può essere più che soddisfatti dei risultati: la progettazione, la costruzione e la sperimentazione con questo strumento hanno rivelato un mondo affascinante che combina il piacere puramente tecnico dell’appassionato radioamatore, con quello più scientifico che spinge ad esplorare ed approfondire le tecniche di misura e di elaborazione delle informazioni, per comprendere quanto osservato. Osservare un “tono” radio naturale, emesso da una sorgente cosmica, emergere dalla piattaforma confusa del rumore di fondo è un’esperienza eccitante. Visti i risultati, si continua con la sperimentazione verso obiettivi più ambiziosi.
La soluzione proposta non è, ovviamente, la migliore possibile: antenne di maggiori dimensioni consentiranno una ricezione più agevole e una migliore risoluzione del profilo spettrale. Quanto descritto deve essere interpretato come un punto di partenza, un insieme di suggerimenti per iniziare ad esplorare l’affascinante mondo della radio-spettrometria astronomica: il web offre molte risorse per documentarsi, con eccellenti progetti di radiotelescopi amatoriali per lo studio della riga dell’idrogeno ai quali ispirarsi per la propria realizzazione, oltre a numerosi articoli di approfondimento.
Questo strumento è utilizzabile, ad esempio, anche in un programma di ascolto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) amatoriale.